A leggere tra le righe, alcuni sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli dimostrano tutta la curiosità del Poeta verso le novità, verso alcune invenzioni che stavano per rivoluzionare la vita degli uomini: il pallone aereostatico, il piroscafo, il treno.
Belli aveva una notevole cultura classica, ma era anche attratto dalle scienze e leggeva i giornali di ambito romano e non solo. Inoltre era un accanito viaggiatore e proprio viaggiando probabilmente aveva potuto conoscere nuove diavolerie!!.
Perciò accanto ai sonetti che rappresentano la realtà della sua Roma, i mille siparietti delle strade e dei vicoli romani, la vita e la povertà del popolo e le miserie morali dei potenti, Belli non ce la fa a non intervenire su temi che appunto dimostrano la sua conoscenza e nonostante metta in bocca al popolano, in cui si identifica, parole contrarie al progresso, in realtà Lui era favorevole alle "invenzioni moderne" e riportava solo posizioni retrive che circolavano nel sonnolento clima romano.
E nel 1831 scrive il sonetto intitolato Le cose nove, in cui nomina alcune invenzioni che avrebbero rivoluzionato il modo di viaggiare. Si tratta del piroscafo a vapore, del treno e del pallone aerostatico.
Belli, come detto, era anche un amante dei viaggi [clicca qui] e quindi non desta alcuna meraviglia che la sua attenzione sia proprio per le innovazioni di cui si parlava rivolte a questo importantissimo settore.
Prima del 1831 aveva già visitato, oltre che vari luoghi delle Marche, Firenze, Milano, Bologna. E quindi probabilmente, ne aveva sentito parlare, ne aveva letto notizia sui giornali pubblicati a Roma (il famoso Cracas) , anche se non aveva visto in azioni queste nuove invenzioni, che nello Stato pontificio avrebbero comunque stentato a diffondersi.
Le cose nove
Ma ttutte ar tempo nostro st’invenzione?!
Tutta mó la corona je se sfila! 1
P’er viaggià ssolo sce ne sò 2 ttremila!
Pell’aria abbasta de gonfià un pallone;
pe tterra curri scento mijja in fila,
senza un cazzo 3 cavalli né ttimone;
pe mmare sc’è una bbarca de carbone
che sse 4 spiggne cor fume de la pila.
Ma in quant’ar mare io mo dimannería 5
s’oggi un cristiano co st’ingegni novi
pôzzi scampalla 6 de finí in Turchia.
Perché cquer palo che llaggiú tte covi 7
poderebbe sturbatte 8 l’alegria.
Ggià, ppaese che vai 8a usanza che ttrovi.
Roma, 17 novembre 1831 - D’er medemo
Note. 1 Sfilar la corona: metter fuori tutto di seguito. 2 Ce ne sono. 3 Affatto. 4 Si. 5 Dimanderei. 6 Possa scamparla. 7 Ti covi: Covare per «avere sotto». 8 Potrebbe sturbarti. 8a Aiu: trittongo alla maniera dei classici che fecero altrettanto; per esempio: Monosillabo: «un paio di calze di messer Andrea» (Berni); Dissillabo: «Farinata e il Tegghiaio che fur sì degni» (Dante); Trisillabo: «Non sia più pecoraio, ma cittadino» (Berni); «Perch’io veggio il fornaio che si prolunga» (Della Casa); Quadrisillabo: «Con un rinfrescatoio pien di bicchieri» (Berni),
[Versione. Le cose nuove. Ma tutte queste invenzioni sono in questi tempi?! Tutte adesso si mettono fuori di seguito! Solo per viaggiare ce ne sono tremila! Per l'aria basta gonfiare un pallone; per terra corri cento miglia di seguito, senza cavalli ne timone; per mare c'è una barca di carbone che va avanti con il fumo della pentola (il piroscafo). Ma in quanto al mare io adesso domanderei se oggi un cristiano con questi nuovi marchingegni possa scampare di finire in Turchia. Perchè quel palo che laggiù (in Turchia) ti ritrovi sotto, potrebbe disturbarti l'allegria (allusione alla pena dell'impalatura cui i Turchi condannavano i cristiani). Già, paese che vai usanza che trovi.]
A proposito del treno.
G.G. Belli torna nuovamente a scrivere del treno nel 1843. Era ancora vivo il papa Gregorio XVI, contrario alla diffusione di questa invenzione rivoluzionaria, sebbene il dibattito sulla questione ferroviaria fosse iniziato anche negli ultimi anni del suo pontificato, presso le alte gerarchie pontificie [clicca qui].
Nel sonetto Le carrozze a vvapore il Poeta non fa altro che scagliarsi contro il terribile strumento, degno del demonio di cui il popolano parla con tanto sdegnato orrore.
Belli però prende le istanze da uno dei tanti pregiudizi che circolavano nei confronti dei frutti della scienza moderna, nati nel sonnolento clima dello Stato pontificio e durante il lungo pontificato del sor Gregorio, come lo chiamava G. G. Belli [clicca qui ].
Ricordiamo che la situazione si sbloccò solo nel 1857, durante il pontificato di Pio IX con la costruzione della Roma-Frascati, tratta ampiamente criticata all'epoca perchè, secondo alcuni, era stata costruita per favorire le scampagnate che il popolo faceva in questo luogo ameno.
Sempre a proposito di Gregorio XVI e del suo no alle strade ferrate riportiamo un aneddotto.
« . . . il papa [Gregorio XVI] dopo che fu morto, postosi in viaggio per l'altro mondo, fu incontrato da San Pietro, a cui dimandò quant'altro cammino vi fosse per giungere in Paradiso. San Pietro gli rispose che vi era ancora un mese. Il Papa a tale notizia mostrò dispiacere perché si era già molto stancato e protestò che non poteva andare innanzi; ma San Pietro scarso di complimenti: Ben ti sta, gli aggiunse, potevi fare la strada ferrata e a quest' ora saresti già arrivato».
Le carrozze a vvapore
Che nnaturale! naturale un cavolo.
Ma ppò èsse un affetto naturale
volà un frullone com’avesse l’ale?
Cqui cc’entra er patto tascito cor diavolo.
Dunque mó ha da fà ppiú cquarche bbucale
d’acqua che ssei cavalli, eh sor don Pavolo?
Pe mmé ccome l’intenno ve la scavolo:
st’invenzione è ttutt’opera infernale.
Da sí cche ppoco ce se crede (dímo
la santa verità) ’ggni ggiorno o ddua
ne sentimo una nova, ne sentimo.
Sí, ccosa bbona, sí: bbona la bbua.
Si ffussi bbona, er Papa saría er primo de mette ste carrozze a ccasa sua.
[Versione. Le carrozze a vapore. Quale naturale! Naturale per niente. Ma può essere un fatto naturale che un frullone (carrozza scoperta con quattro ruote e due sedili) voli correndo come se avesse le ali? Qui ci deve essere un patto tacito col diavolo. Dunque ora sarebbe più forte qualche boccale d'acqua che sei cavalli, eh, signor don Paolo? Per me, come la capisco, cosi ve la spiattello: questa invenzione è un'opera infernale. In tempi in cui si crede poco (diciamo la santa verità) ogni giorno o due ne sentiamo una nuova. Sì, cosa buona, sì: buona la bua (il dolore per i bambini). Se fosse buona il Papa sarebbe il primo a mettere queste carrozze a casa sua]
15 novembre 1843
Belli aveva una notevole cultura classica, ma era anche attratto dalle scienze e leggeva i giornali di ambito romano e non solo. Inoltre era un accanito viaggiatore e proprio viaggiando probabilmente aveva potuto conoscere nuove diavolerie!!.
Perciò accanto ai sonetti che rappresentano la realtà della sua Roma, i mille siparietti delle strade e dei vicoli romani, la vita e la povertà del popolo e le miserie morali dei potenti, Belli non ce la fa a non intervenire su temi che appunto dimostrano la sua conoscenza e nonostante metta in bocca al popolano, in cui si identifica, parole contrarie al progresso, in realtà Lui era favorevole alle "invenzioni moderne" e riportava solo posizioni retrive che circolavano nel sonnolento clima romano.
E nel 1831 scrive il sonetto intitolato Le cose nove, in cui nomina alcune invenzioni che avrebbero rivoluzionato il modo di viaggiare. Si tratta del piroscafo a vapore, del treno e del pallone aerostatico.
Belli, come detto, era anche un amante dei viaggi [clicca qui] e quindi non desta alcuna meraviglia che la sua attenzione sia proprio per le innovazioni di cui si parlava rivolte a questo importantissimo settore.
Prima del 1831 aveva già visitato, oltre che vari luoghi delle Marche, Firenze, Milano, Bologna. E quindi probabilmente, ne aveva sentito parlare, ne aveva letto notizia sui giornali pubblicati a Roma (il famoso Cracas) , anche se non aveva visto in azioni queste nuove invenzioni, che nello Stato pontificio avrebbero comunque stentato a diffondersi.
Le cose nove
Ma ttutte ar tempo nostro st’invenzione?!
Tutta mó la corona je se sfila! 1
P’er viaggià ssolo sce ne sò 2 ttremila!
Pell’aria abbasta de gonfià un pallone;
pe tterra curri scento mijja in fila,
senza un cazzo 3 cavalli né ttimone;
pe mmare sc’è una bbarca de carbone
che sse 4 spiggne cor fume de la pila.
Ma in quant’ar mare io mo dimannería 5
s’oggi un cristiano co st’ingegni novi
pôzzi scampalla 6 de finí in Turchia.
Perché cquer palo che llaggiú tte covi 7
poderebbe sturbatte 8 l’alegria.
Ggià, ppaese che vai 8a usanza che ttrovi.
Roma, 17 novembre 1831 - D’er medemo
Note. 1 Sfilar la corona: metter fuori tutto di seguito. 2 Ce ne sono. 3 Affatto. 4 Si. 5 Dimanderei. 6 Possa scamparla. 7 Ti covi: Covare per «avere sotto». 8 Potrebbe sturbarti. 8a Aiu: trittongo alla maniera dei classici che fecero altrettanto; per esempio: Monosillabo: «un paio di calze di messer Andrea» (Berni); Dissillabo: «Farinata e il Tegghiaio che fur sì degni» (Dante); Trisillabo: «Non sia più pecoraio, ma cittadino» (Berni); «Perch’io veggio il fornaio che si prolunga» (Della Casa); Quadrisillabo: «Con un rinfrescatoio pien di bicchieri» (Berni),
[Versione. Le cose nuove. Ma tutte queste invenzioni sono in questi tempi?! Tutte adesso si mettono fuori di seguito! Solo per viaggiare ce ne sono tremila! Per l'aria basta gonfiare un pallone; per terra corri cento miglia di seguito, senza cavalli ne timone; per mare c'è una barca di carbone che va avanti con il fumo della pentola (il piroscafo). Ma in quanto al mare io adesso domanderei se oggi un cristiano con questi nuovi marchingegni possa scampare di finire in Turchia. Perchè quel palo che laggiù (in Turchia) ti ritrovi sotto, potrebbe disturbarti l'allegria (allusione alla pena dell'impalatura cui i Turchi condannavano i cristiani). Già, paese che vai usanza che trovi.]
A proposito del treno.
G.G. Belli torna nuovamente a scrivere del treno nel 1843. Era ancora vivo il papa Gregorio XVI, contrario alla diffusione di questa invenzione rivoluzionaria, sebbene il dibattito sulla questione ferroviaria fosse iniziato anche negli ultimi anni del suo pontificato, presso le alte gerarchie pontificie [clicca qui].
Nel sonetto Le carrozze a vvapore il Poeta non fa altro che scagliarsi contro il terribile strumento, degno del demonio di cui il popolano parla con tanto sdegnato orrore.
Belli però prende le istanze da uno dei tanti pregiudizi che circolavano nei confronti dei frutti della scienza moderna, nati nel sonnolento clima dello Stato pontificio e durante il lungo pontificato del sor Gregorio, come lo chiamava G. G. Belli [clicca qui ].
Ricordiamo che la situazione si sbloccò solo nel 1857, durante il pontificato di Pio IX con la costruzione della Roma-Frascati, tratta ampiamente criticata all'epoca perchè, secondo alcuni, era stata costruita per favorire le scampagnate che il popolo faceva in questo luogo ameno.
Sempre a proposito di Gregorio XVI e del suo no alle strade ferrate riportiamo un aneddotto.
« . . . il papa [Gregorio XVI] dopo che fu morto, postosi in viaggio per l'altro mondo, fu incontrato da San Pietro, a cui dimandò quant'altro cammino vi fosse per giungere in Paradiso. San Pietro gli rispose che vi era ancora un mese. Il Papa a tale notizia mostrò dispiacere perché si era già molto stancato e protestò che non poteva andare innanzi; ma San Pietro scarso di complimenti: Ben ti sta, gli aggiunse, potevi fare la strada ferrata e a quest' ora saresti già arrivato».
Le carrozze a vvapore
Che nnaturale! naturale un cavolo.
Ma ppò èsse un affetto naturale
volà un frullone com’avesse l’ale?
Cqui cc’entra er patto tascito cor diavolo.
Dunque mó ha da fà ppiú cquarche bbucale
d’acqua che ssei cavalli, eh sor don Pavolo?
Pe mmé ccome l’intenno ve la scavolo:
st’invenzione è ttutt’opera infernale.
Da sí cche ppoco ce se crede (dímo
la santa verità) ’ggni ggiorno o ddua
ne sentimo una nova, ne sentimo.
Sí, ccosa bbona, sí: bbona la bbua.
Si ffussi bbona, er Papa saría er primo de mette ste carrozze a ccasa sua.
[Versione. Le carrozze a vapore. Quale naturale! Naturale per niente. Ma può essere un fatto naturale che un frullone (carrozza scoperta con quattro ruote e due sedili) voli correndo come se avesse le ali? Qui ci deve essere un patto tacito col diavolo. Dunque ora sarebbe più forte qualche boccale d'acqua che sei cavalli, eh, signor don Paolo? Per me, come la capisco, cosi ve la spiattello: questa invenzione è un'opera infernale. In tempi in cui si crede poco (diciamo la santa verità) ogni giorno o due ne sentiamo una nuova. Sì, cosa buona, sì: buona la bua (il dolore per i bambini). Se fosse buona il Papa sarebbe il primo a mettere queste carrozze a casa sua]
15 novembre 1843