30/12/22

G.G. Belli e la vigilia di Natale

Un vecchio detto romanesco, sempre attuale, recita: "Chi se vò imparà a magnà, da li preti bisogna che va".
Lo sapeva bene il Poeta Belli che nei suoi sonetti si sofferma  spesso sull' ingordigia, sugli eccessi commessi da alcuni preti del suo tempo...
I cardinali, i monsignorilo stesso papa vengono spesso presentati nei Sonetti belliani come avidi, sfrenati, ingordi di cibo e di vino. 
E nelle epoche passate il peccato della gola era particolarmente malvisto, in quanto la miseria e la fame erano molto diffuse.

Tradizioni natalizie. Non a caso l'estro corrosivo del poeta Belli si esercita anche verso le tradizioni del Natale. Proprio in quel periodo infatti, ieri come oggi, si manifestava in modo più evidente il divario fra i poveri e i ricchi
Insomma c'era chi magnava e chi pativa la fame......
E nella Roma del Belli questa differenza era molto molto evidente.
Di fronte ad una miseria generalizzata, ad un popolino sempre affamato e cencioso..esisteva un altro mondo: quello dei nobili, dei ricchi borghesi e dei preti, che non si facevano mancare nulla.
Ebbene era proprio così!! Non solo le alte gerarchie ecclesiastiche, i cardinali, i monsignori  vivevano bene, ma anche i semplici preti, le suore e i fraticelli avevano comunque il vitto e l'alloggio assicurato
E non era poco..

I peccati di gola di monsignori e cardinali
Imperdibile il sonetto La viggija de Natale,
Qui Belli fa una satira feroce puntando il dito sul divario fra il cosìdetto bendidio, che arrivava sulla tavola del papa, dei cardinali e dei monsignori in netto contrasto con quello che si trovava sulle tavole del popolo.
Nel sonetto viene presentata un' ironica scenetta: si invita un popolano a mettersi, il 24 dicembre, vigilia di Natale, davanti alla dimora di un cardinale, di un monsignore per vedere tutti i doni, che, come in una lunga processione, man mano vengono consegnati... Si trattava di cibi e bevande prelibate e costose, che avrebbero ben figurato sulla ricca tavola imbandita della vigilia di Natale. 
Come già detto, il sarcasmo del Poeta denuncia l'opulenza, i ricchi e prelibati cibi ricevuti in dono dagli ecclesiastici (rispetto alla povertà dei cibi dei poveri) con la descrizione delle prelibatezze che rendevano ricche le tavole: torrone, caviale, maiale, pollastro, cappone, fiasco di vino padronale, gallinaccio, abbacchio, oliva dolce, pesce del lago di Fogliano e Anguilla di Comacchio.
Alla faccia del popolino che a stento riusciva a mettere insieme il tradizionale cenone di magro!
Il cenone di magro 
Nella Roma dell'800, per la cena del 24 dicembre, la vigilia di Natale, tutta la famiglia si riuniva per il tradizionale cenone di magro.
Il cenone di magro iniziava con un antipasto di olive, anguille e pescetti marinati; seguiva la pasta al sugo di tonno, poi il baccalà in umido con pinoli e zibibbo, accompagnato da broccoli e mele renette fritti in pastella.
Finalmente almeno una volta l'anno il popolo, che normalmente viveva di cucina "povera", si concedeva qualche pietanza sfiziosa.
Ben diverse erano le tavole di potenti cardinali e monsignori, come pure quelle dei ricchi aristocratici, dove non poteva mancare il pesce fresco (carissimo) e altri cibi prelibati e tipici, che ben descrive Giuseppe Gioachino Belli nel famoso sonetto...
Dopo la cena, erano di rigore la tradizionale tombola ed il cosidetto "sermone", la poesia natalizia recitata dai bambini davanti al presepe.
Infine tutta la famiglia andava alla messa di mezzanotte (particolarmente solenne era quella nella basilica di Santa Maria Maggiore).

La viggija de Natale
Ustacchio(1), la víggija de Natale
Te mmettete de guardia sur portone
De quarche mmonzignore o cardinale,
E vederai entrà sta prícissione(2).

Mo entra una cassetta de torrone,
Mo entra un barilozzo de caviale,
Mo er porco, mo er pollastro, mo er cappone,
E mmo er fiasco de vino padronale.

Poi entra er gallinaccio, poi l’abbacchio,
L’oliva dolce, er pesce de Fojjano(3),
L’ojjio, er tonno, l’anguila de Comacchio.

Insomma, inzino a nnotte, a mmano ammano,
Te llì tt’accorgerai, padron Ustacchio,
Cuant’è ddivoto er popolo romano.


Roma, 30 novembre 1832 
(Versione. La vigilia di Natale. 
Eustachio, la vigilia di Natale mettiti di guardia sul portone di qualche monsignore o cardinale, e vedrai entrare una processione. Ora entra una cassetta di torrone, ora un barilotto di caviale, ora il maiale, ora il pollastro, ora il cappone, e ora il fiasco di vino padronale. Poi entra il gallinaccio, poi l’abbacchio [agnello giovane], le olive dolci, il pesce di Fogliano, l’olio, il tonno, e l’anguilla di Comacchio. Insomma, fino a notte, a poco a poco, tu lì ti accorgerai, padron Eustachio, quanto è devoto il popolo romano.)
Note. 1 Eustachio. 2 Processione. 3 Lago nelle paludi pontine, assai apprezzato per la pesca del pesce, che vi rimonta dal vicino mare per via di un canale.