02/01/23

G.G. Belli e la festa della Befana

Befana a Piazza Navona,
anni '50
Il 6 gennaio del 1845 Giuseppe Gioachino Belli scrive tre sonetti dedicati alla festa della Befana, che si festeggiava proprio quel giorno.
Belli in quell'inizio di anno ha ottenuto finalmente la giubilazione, cioè l'attuale pensione, da pochi giorni e precisamente dal 3 gennaio 1845. 
Da parecchi anni il Poeta è vedovo e dal suo matrimonio con la contessa Maria Pichi è nato l'amatissimo figlio unico Ciro, che essendo nato nel 1824, era già grande per aspettare la Befana. Sono anche gli ultimi anni in cui il grande Poeta romanesco scrive i Sonetti.

I tre Sonetti dedicati alla Pasqua bbefania
In quel periodo, questa festa, proprio per la sua importanza, manteneva il nome antico di Pasqua bbefania
I Sonetti sono tre, quasi una commedia divisa in tre tempi: La vigilia, la notte e la mattina della festa.
Sono dedicati a questa festa molto importante nel calendario romano: la festa dei bambini, che ricevevano doni portati attraverso la cappa del camino dalla vecchia Befana . Dobbiamo ricordare che in quel periodo, i regali ai bambini erano portati solo ed esclusivamente dalla Befana e perciò si può immaginare quanto era aspettata da ogni bambino. 
Così anche i genitori più poveri facevano di tutto per far trovare nella calza che si appendeva al camino qualche giocherello, qualche dolcetto..insieme a un pezzetto di carbone, segno delle punizioni ricevute nell'arco dell'anno per le marachelle fatte.

Preparativi per la festa
Belli nei Sonetti ci fa percepire il brusio della folla,  che in quel giorno di vigilia girava alla ricerca dei regali. La zona affollata citata da Belli non è piazza Navona, dove il mercatino fu trasferito solo dal 1872, ma quella di piazza Sant'Eustachio e piazza dei Caprettari,  che dall'Avvento alla Befana si riempiva di casotti di legno, che vendevano giocherelli, dolciumi e personaggi dei presepi.
Ma la situazione caotica non era diversa anche un pò più il là verso la via del Sudario, vicino a via del Monte della farina, dove Belli era andato ad abitare in quegli anni
B.Pinelli
La Befana
Altra nota di colore è quella dedicata ai bottegai romani che, ieri come oggi, approfittavano della gran richiesta per aumentare i prezzi.
Anzi il popolano, che parla nel sonetto, tiene a precisare che, visto i prezzi, ai suoi bambini farà i regali nella settimana successiva. 
Cioè in tempo di svendita!!

Nel secondo sonetto la scena cambia e si svolge in una qualunque casa romana, dove un bambino fa capricci dettati dall'ansia, affichè la notte passi in fretta per vedere i regali che la Befana porterà.

Nel terzo sonetto vengono descritti i vari tipi di giochini, che i bambini di quell'epoca poteva aspettarsi di trovare: arlecchino, trombette, pulcinella,
cavallucci, sediole, piccoli ciufoli, carrettini, cuccú, fucili, vasetti, sciabole, tamburelli.
Ovviamente non poteva mancare un riferimento alla golosità dei preti nei confronti dei dolcetti portati dalla befana. 

I Sonetti 2095. Pasqua bbefania. La viggijja de pasqua bbefania

La bbefana, a li fijji, è nnescessario
de fajjela domani eh sora Tolla?
In giro oggi a ccrompà cc’è ttroppa folla.
A li mii je la fo nne l’ottavario.

A cchiunque m’accosto oggi me bbolla:
e ccom’a Ssant’Ustacchio è cqui ar Zudario.
Dunque pe st’otto ggiorni io me li svario;
e a la fine, se sa, cchi vvenne, ammolla.


Azzeccatesce un po’, d’un artarino
oggi che ne chiedeveno? Otto ggnocchi;
e dd’una pupazzaccia un ber zecchino.

Mó oggnuno scerca de cacciavve l’occhi;
ma cquanno sémo ar chiude er butteghino,
la robba ve la dànno pe bbajocchi.



Versione. La vigilia di Pasqua Epifania. La befana (cioè i doni), ai figli, è necessario fargliela domani eh signora Tolla? In giro oggi a comperare c’è troppa folla. Ai miei figli gliela faccio tra otto giorni. Qualunque bottega a cui mi avvicino oggi, mi dà una batosta: è così ovunque, a Sant’Eustachio come qui al Sudario. Dunque per questi otto giorni io li distraggo (i figli, con qualche scusa); e alla fine, si sa, chi vende deve cedere. Indovinate un po’ per un altarino oggi che cosa m’hanno chiesto? Otto scudi; e per una bambola scadente un bello zecchino. Ora ognuno cerca di cavarvi gli occhi; ma quando saremo alla chiusura del botteghino, la roba ve la danno per pochi baiocchi..

2096. Pasqua bbefania. La notte de pasqua bbefania

«Mamma! mamma!». «Dormite». «Io nun ho ssonno».
«Fate dormí cchi ll’ha, ssor demonietto».
«Mamma, me vojj’arzà». «Ggiú, stamo a lletto».
«Nun ce posso stà ppiú; cqui mme sprofonno».

«Io nun ve vesto». «E io mó cchiamo Nonno».
«Ma nun è ggiorno». «E cche mm’avevio detto
che cciamancava poco? Ebbè? vv’aspetto?»

«Auffa li meloni e nnu li vonno!».

«Mamma, guardat’un po’ ssi cce se vede?»
«Ma tte dico cch’è nnotte». «Ajo!». «Ch’è stato?»
«Oh ddio mio!, m’ha ppijjato un granchio a un piede».

«Via, statte zzitto, mó attizzo er lumino».
«Sí, eppoi vedete un po’ cche mm’ha pportato
la bbefana a la cappa der cammino».


Versione: La notte di Pasqua Epifania. Mamma! mamma! - Dormite. - Io non ho sonno. Fate dormire chi ce l'ha, signor demonietto. Mamma, mi voglio alzare. - Giù, stiamo a letto. Non ci posso stare più; qui mi sprofondo. Io non vi vesto. - E io ora chiamo nonno. Ma non è giorno! - E che mi avevate detto, che ci mancava poco? Ebbene? Vi aspetto? Uffa, i meloni gratis, e non li vogliono! Mamma, guardate un po’ se ci si vede (cioè se fuori c'è luce, se è già l’alba). Ma ti dico ch’è notte. - Ahi! - Ch'è stato? Oh dio mio!, m'ha preso un crampo a un piede. Via, - Sta’ zitto, ora accendo il lumino. Sì, e poi vedete un po' che cosa mi ha portato la befana a la cappa del camino. 

2097. Pasqua bbefania. La matina de pasqua bbefania

Ber vede è da per tutto sti fonghetti,

sti mammocci, sti furbi sciumachelli,
fra ’na bbattajjeria de ggiucarelli
zompettà come spiriti folletti!

Arlecchini, trommette, purcinelli,

cavallucci, ssediole, sciufoletti,
carrettini, cuccú, schioppi, coccetti,
sciabbole, bbarrettoni, tammurrelli...

Questo porta la cotta e la sottana,

quello è vvistito in càmiscio e ppianeta,
e cquel’antro è uffizzial de la bbefana.

E intanto, o pprete, o cchirico, o uffizziale,

la robba dorce je tira le deta;
e mmamma strilla che ffinissce male.

Versione. La mattina di Pasqua Epifania. Un bel vedere è saltellare come spiriti folletti tutti questi funghetti, questi marmocchi, questi furbi zufoletti, fra una batteria di giocarelli. Arlecchini, trombette, pulcinella, cavallucci, sediole, fucili, coccetti, sciabole, berrettoni, tamburelli...Questo è vestito da prete, quello è vestito da chierico e quell'altro da ufficiale  della Befana. E intanto, o prete, o chierico, o ufficiale, i dolcetti tirano loro le dita; e mamma strilla che finisce male.