15/04/23

G.G. Belli e i frati cappuccini diventati criminali

Il 13 maggio 1837 a Venafro, provincia di Isernia, avvenne un fatto di cronaca che ha dell'incredibile
Fu rapito il canonico Alessandro Del Prete con il suo cocchiere da parte di una banda di frati cappuccini e laici. La banda poi fuggì in montagna dopo aver chiesto il riscatto di ben 30.000 ducati. Il canonico fu ucciso da un frate nella macchia di Torcino.  
Allora intervenne la forza pubblica, ci fu uno scontro a fuoco e i rapitori furono catturati; perquisito il convento, furono trovate armi e munizioni sotto l'altare.
Si parlò molto del fatto che i frati, insieme ai laici avessero costituito una vera e propria associazione a delinquere, diretta dal Padre Guardiano e che si nascondessero nel convento di S. Nicandro a Venafro
Il sonetto contro i frati cappuccini.
Belli rimase sicuramente molto impressionato dalle vicende criminose e, partendo da quel fatto di cronaca nera, trae anche spunto per ribadire una forte critica ai frati cappuccini.
Infatti contemporaneamente a questo fattaccio, nel maggio del 1837, il Poeta romanesco compose un sonetto dal titolo “Er fattarello de Venafro”.
Con questo sonetto si prendeva a pretesto questo rapimento  per esprimere le sue pesanti critiche ai poco amati frati cappuccini di Roma. 
Dopo la notizia di questo crimine, per paura Belli dichiarava che preferiva stare chiuso a catenaccio in casa. E comunque evitare di passare per piazza Barberini, dove era situato un loro importante convento, che conosceva bene e vedremo perchè.
Nei suoi versi Belli menziona poi il  cardinale Ludovico
Micara(Frascati 1775 Roma, 1847) , frate cappuccino, creatura di Leone XII, che aveva avuto modo di conoscere e apprezzare in passato. Per Belli il governo tirannico del cardinal Micara era assolutamente necessario per tenere a bada i terribili frati, che in tutti i sonetti, e, in particolare in questo che si basa su un fatto autentico, sono ritratti come dissoluti, immorali e indegni dell'abito.
Belli, da giovane, rimasto orfano e senza dimora, aveva avuto la possibilità di alloggiare in una stanza proprio presso quel convento dei cappuccini a via Veneto  grazie all'interessamento dell'allora frate Ludovico.

Lo apprendiamo da una lettera  indirizzata a Gaetano Bernetti *, padre del suo amico Peppe, dove parla, fra l'altro, dei favori e dell'amicizia ricevuti dal frate Micara,  diventato poi cardinale. 
In datata 3 ottobre 1816, il Belli scrive: “Ognuno sa che nel passato tempo una catena di circostanze sinistre mi aveva assoggettato alla necessità di provvedere alla mia sussistenza e al mio ricovero nel modo il più decente, ed insieme più adeguato alla povertà che mi opprimeva. I miei parenti a S. Lorenzo in Lucina mi offrirono il vitto, e mancando io ancora di un tetto che mi ricettasse, i miei parenti medesimi pregarono il suo figlio a procurarmi una camera ai Capuccini la quale ottenni di fatti mercè i buoni uffici di lui uniti agli altri, anch'essi efficaci, del Padre Lodovico Micara”. 
Micara  viene menzionato anche in un'altra lettera, datata 4 luglio 1838 e indirizzata a Giacomo Ferretti. 
Ludovico Micara
Convento dei cappuccini
a via Barberini
Cardinale vescovo di Frascati dal 2 ottobre 1837 fino al giugno 1844, Ludovico Micara era nato a Frascati il 12 ottobre 1775. Di carattere forte e intransigente, fu ordinato sacerdote nel 1798, successivamente fu arrestato sotto il governo di Napoleone, caduto il quale divenne Ministro Generale dell’Ordine dei Cappuccini e predicatore apostolico di papa Pio VII (Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, da Cesena). Il 13 marzo 1826 fu fatto cardinale da papa Leone XII . 

Nel giugno 1844 divenne vescovo di Ostia e Velletri. Morì a Roma il 24 maggio 1847 e per suo volere fu sepolto nella Chiesa dei Cappuccini tra Piazza Barberini e Via Veneto, dove una lapide lo ricorda.
Intanto, mentre sarebbe da far luce se si trattasse effettivamente di sequestratori, che si travestivano da frati o di frati che facevano i sequestratori, vale la pena rileggere il sonetto  “Er fattarello de Venafro”.
Er fattarello de Venafro (1)
Quanno dunque sia vero sto rifresco
che li poveri frati cappuccini
fanno mó da serafichi assassini
pe le macchie in onor de san Francesco,
d’oggi’impoi pe ssarvà ppelle e cquadrini
dal loro amor-der-prossimo fratesco
me serro a ccatenaccio; e ssippuro (2) esco
nun passo ppiú da Piazza Bbarberini(3).
E nun zerve de dimmelo (4) nemmeno
c’ar convento de Roma, o bbene o mmale,
ciàbbita (5) un Cardinal (6) che li tiè (7) a ffreno.
Pe ddavve (8) quarch’idea de li rispetti
ch’hanno pe Ssu’ Eminenza er Cardinale
ve posso aricordà li bbucaletti (9).
31 maggio 1837

[Versione. Il fatterello di Venafro.
Quanto dunque sia vero questo rinfresco che i poveri frati cappuccini da serafici assassini fanno adesso per le macchie in onore di San Francesco, da oggi in poi per salvare la pelle e i quattrini dal loro amore del prossimo fratesco mi chiudo col catenaccio; e se anche esco non passo più da piazza Barberini. E non serve di dirmi nemmeno che al convento di Roma, o bene o male, ci abita il Cardinal che li tiene a freno. Per darvi qualche idea del rispetto che hanno per sua eminenza il Cardinale vi posso ricordare i boccaletti.]
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BERNETTI, Gaetano - Patrocinatore presso il Tribunale di prima istanza di Roma (1811-1814). Abitante in via di Campo Marzo 46 (1811) ed in via Corso 51 o 151 (1812-1814). 
(1) Presso Venafro, nel Regno di Napoli. (2) Seppure;(3) Dove in Roma è il convento dei cappuccini, (4) Dirmelo,(5) Ci abita,(6) Il cardinale Ludovico Micara, cappuccino, creatura di Leone XIII.(7) Tiene, (8) Darvi, (9) Creato cardinale dal Papa, questi gli conservò la dignità di generale dell’Ordine, che poco prima egli stesso aveagli conferita, conculcando le prerogative del Capitolo. Pel governo tirannico del Cardinal generale i frati lo presero un giorno a colpi di boccali in refettorio. Ora non è più generale, ma dimora in convento.