04/10/20

G.G. Belli e Bartolomeo Pinelli, incisore e pittore "trasteverino"


In occasione della morte dell'incisore romano Bartolomeo Pinelli (Roma 1781 - ivi 1835), che con i suoi sterminati lavori di grafica documentò la Roma ottocentesca e non solo, Giuseppe Gioachino Belli gli dedica un sonetto, come vedremo,  senza tanti fronzoli.
Bartolomeo Pinelli
Formatosi artisticamente a Bologna – nella locale Accademia di Belle Arti – e a Roma – nell’Accademia di San Luca –, Pinelli realizzò nella sua carriera circa quattromila incisioni e diecimila disegni, dedicati soprattutto ai costumi, alle tradizioni popolari e alla storia dell’Urbe. Numerose sue incisioni illustrano edizioni ottocentesche di opere di Dante Alighieri, Torquato Tasso, Lodovico Ariosto e Virgilio (ma anche raccolte di stampe sulla storia greca, sui costumi del Regno di Napoli e della Svizzera).
Pinelli trascorse la prima giovinezza nel quartiere di Trastevere, dove era nato in vicolodei Mazzamurelli,.  Rientrato a Roma da Bologna nel 1799, abitò dapprima nei pressi dell’attuale Galleria Sciarra (via del Corso), poi a piazza di Spagna, a Villa Medici, e, dal 1822 fino alla fine della sua vita, a via Sistina (all’epoca via Felice, accanto all’odierno Teatro Sistina). In quella zona della città risiedeva una comunità di artisti di tutto rispetto. Qualche decennio prima dell’arrivo di Pinelli vi avevano abitato Giovanni Battista Piranesi, Angelika Kauffmann e Anton Raphael MengsE ai tempi in cui vi si stabilì l’artista romano, avevano là i loro studi e le loro abitazioni il pittore Carlo Labruzzi, lo scultore danese Bertel Thorvaldsen, l'architetto Luigi Canina, lo scrittore Massimo d’Azeglio e l'incisore Luigi Rossini.
Pinelli frequentava assiduamente anche l’Osteria del Gabbione,
Pinelli
con i suoi amati cani corsi.
in via del Lavatore, dove ogni sera si recava in compagnia dei suoi cani. Il locale è ricordato da Giuseppe Gioachino Belli in alcuni versi dedicati a Pinelli (il “Gabbionaccio” del sonetto “Morte der zor Meo”) nei quali il poeta romanesco immagina che l’improvvisa scomparsa dell’artista sia stata causata da una micidiale bisboccia alcolica.
Pinelli fu sepolto nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio a Trevi. Ma la mancanza di una lapide ha sempre impedito il ritrovamento delle spoglie.
Fu un artista fecondissimo, pittore , scultore e incisore, insieme al padre plasticatore(cioè Modellatore di figure in terra cotta) e scalpellino. 
Le sue opere più importanti sono la serie dei "Costumi pittoreschi", le illustrazioni del Meo Patacca e del Maggio romanesco, dei poemi di Dante, Ariosto, Tasso, Virgilio, Cervantes, dei Promessi sposi etc. La maggior raccolta delle sue opere si trova nel Gabinetto nazionale delle stampe.
Belli e Pinelli
Pinelli muore il 1 aprile del 1835, e poco dopo,  il 9 aprile, il Poeta prende penna e carta e scrive il sonetto " La morte der zor Meo", dove Pinelli è indicato come pittore trasteverino.

Nelle brevi  righe del sonetto, Belli fa espliciti riferimenti sia all'aspetto fisico  bohémien di Pinelli, sia alla morte avvenuta per alcolismo, e all'abitudine di Pinelli di sperperare i soldi, guadagnati col suo lavoro di grafica,  all'osteria del Gabbione. In questo locale Pinelli consumava tutti i suoi guadagni mangiando e bevendo e offrendo a bere e mangiare... 

E, sempre Belli, che lo ricorda, proprio a causa di queste abitudini, Pinelli morì in miseria, tanto che  il funerale fu fatto con una colletta di soldi spontanea da parte di alcuni ammiratori. 
Si racconta infatti che molti artisti, vestiti a lutto, con torchi,e con ramoscelli di cipresso in mano, lo accompagnarono alla tomba.
chiesa
dei SS. Vincenzo e Anastasio
Se non bastasse... poi , dulcis in fundo, Pinelli morì anche scomunicato! Nel giorno di san Bartolomeo dell'anno 1834, il suo nome  fu pubblicato in S. Bartolomeo all'Isola Tiberina sulla lista degli interdetti per inadempimento al precetto pasquale.
Così Pinelli  fu sepolto imbalsamato senza monumento né lapide nel 1835, a Roma, proprio davanti  a Fontana di Trevi nella chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio (*). 
Quando, nemmeno un secolo dopo, i soci di un’associazione romanista, che volevano ricordare il bravo Pinelli e rinfrescarne la memoria, andarono a ricercare la sua tomba, si trovarono di fronte al fatto che sia la sua tomba che il suo cadavere erano scomparsi
Nessuno seppe dare spiegazioni. Così ci si dovette semplicemente contentare di affiggere una targa commemorativa. 

La morte der zor Meo
Sí, cquello che pportava li capelli 
ggiú pp’er gruggno e la mosca ar barbozzale, 1
 er pittor de Trestevere, Pinelli, 2 
è ccrepato pe ccausa d’un bucale. 3
 V’abbasti questo, ch’er dottor Mucchielli, 4 
vista ch’ebbe la mmerda in ner pitale, 
cominciò a storce 5 e a mmasticalla male, 6 
eppoi disse: «Intimate li fratelli». 7
 Che aveva da lassà? Ppe ffà bbisboccia 8 
ner gabbionaccio 9 de Padron Torrone, 10 
è mmorto co ttre ppavoli in zaccoccia. 11 
E ll’anima? Era ggià scummunicato, 12 
ha cchiuso l’occhi senza confessione... 13 
Cosa ne dite? Se 14 sarà ssarvato?

[Versione. La morte del sor Meo. Si quello che portava i capelli giù per la faccia e la mosca al mento, il pittore di Trastevere, Pinelli, è morto per colpa di un boccale. Vi basta questo, che il dott. Mucchielli, visto che vide la merda nel pitale, cominciò a storcere il naso e a presagire qualche guaio, e poi disse: " Avvertite i fratelli ( della Congregazione)". Che aveva da lasciare? Per fare bisboccia. Nell'osteria del Gabbione del padrone Torrone, è morto con tre paoli in tasca. E l'anima? Era stato già scomunicato, ha chiuso gli occhi senza confessione..Cosa ne dite? Si sarà salvato?]

Note. 1.Mento. 2 Bartolommeo Pinelli, nativo di Trastevere, incisore, pittore e scultore, il 1° giorno di aprile 1835, nella età di anni 54. Nella sera antecedente, aveva preso all’osteria la sua ultima ubriacatura. 3. Boccale. 4.
autoritratto di B. Pinelli
Alcuni del popolo credono che il medico di Pinelli fosse costui, noto in sua gioventù per poesie romanesche che andava recitando per gli spedali in occasione di pubbliche dimostrazioni anatomiche degli studenti di chirurgia: ma fu realmente un dottor Gregorio Riccardi. 5 A torcere il grifo in aria di dubitazione. 6 Masticarla male, in senso di «presagir male». 7 Coloro che convogliano i morti alla sepoltura. 8 Per far tempone. 9 Il Gabbione, nome della osteria dove il Pinelli consumava tutti i suoi guadagni mangiando e bevendo e dando a bere e mangiare. Havvi sú la insegna di una gabbia con merlo. 10 Torrone, nome dell’oste. 11 Circostanza storica. Il funerale fu fatto con largizioni spontanee di alcuni ammiratori della di lui eccellenza nell’arte. Molti artisti, vestiti a lutto, e quali con torchi, quali con ramoscelli di cipresso in mano, lo accompagnarono alla tomba nella chiesa dei SS. Vincenzo ed Anastasio a Trevi. 12 Nel giorno di san Bartolommeo dell’anno 1834, il nome del nostro Bartolommeo Pinelli fu pubblicato in S. Bartolommeo all’Isola Tiberina sulla solita lista degl’interdetti per inadempimento al precetto pasquale. Avendovi egli letto esserglisi attribuita la qualifica di miniatore, andò in sacristia ad avvertire che Bartolommeo Pinelli era incisore, onde si correggesse l’equivoco sull’identità della persona. 13 Alla intimazione de’ sacramenti, volle l’infermo essere lasciato qualche ora in pace, per riflettere, come egli disse, ai suoi casi. 

Il parroco lo compiacque, ma ritornato al letto di lui lo trovò in agonia! Si narra però che il moribondo corrispondesse ad una stretta di mano del prete. Questa circostanza deve aver fruttato al corpo la sepoltura ecclesiastica e all’anima la gloria del paradiso. 14 Si.
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(*)Questa bella chiesa è famosa soprattutto perché conserva in urne di ceramica le viscere di molti papi, secondo un'antica tradizione , conclusasi nel 1903 in cui i papi si era soliti imbalsamarli.