A Roma un precursore dei giornali fu il famoso Diario di Roma o Diario d'Ungheria, detto comunemente Cracas, che comparve il 5 agosto 1716 per iniziativa di Luca Antonio Chracas e di suo figlio Giovanni, con il primitivo intento di rendere di pubblico dominio le notizie della guerra che si combatteva in Ungheria fra l'imperatore Carlo VI e il sultano Achmet III.
Le notizie giungevano a Roma da Vienna per mezzo del corriere ordinario.
L’idea ebbe fortuna: cessata nel 1719 la guerra, il giornale seguitò ad uscire e divenne in breve tempo il più importante di Roma.
Per quarant’anni, fino al 1771 anno della sua morte, la redazione del giornale fu completamente nelle mani di Caterina Chracas, figlia anch'essa di Lucantonio e arcade romana.
Le notizie giungevano a Roma da Vienna per mezzo del corriere ordinario.
L’idea ebbe fortuna: cessata nel 1719 la guerra, il giornale seguitò ad uscire e divenne in breve tempo il più importante di Roma.
Per quarant’anni, fino al 1771 anno della sua morte, la redazione del giornale fu completamente nelle mani di Caterina Chracas, figlia anch'essa di Lucantonio e arcade romana.
Le succederanno nel tempo l'abate Vincenzo Giannini, Gaetano Cavalletti, l'abate Pietro Magnani e Giovanni de Angelis.
Vicende del giornale
Nel corso degli anni il giornale ebbe alterne vicende.
Era di formato molto piccolo, con un numero di pagine che varia da 12 a 34; a volte era presente un supplemento, detto Aggiunta, Succinto Diario, Diario aggiunte, di dodici pagine.
Fino al 1894 il Cracas pubblicò, in breve o per esteso, gli avvenimenti religiosi, politici e militari della città e le notizie che ad essa pervenivano dall'Italia e dall'estero, diventando per i posteri una ricchissima fonte di notizie per ricostruire storia e soprattutto cronaca di quei due secoli.
Inizialmente usciva il sabato con il titolo Diario Ordinario d'Ungheria, riportando notizie esclusivamente militari provenienti dall’estero; a partire dal 1718, diventò bisettimanale e vi cominciarono a comparire cenni di cronaca romana, il titolo cambiò in Diario Ordinario e tale rimase fino a tutto il 1774.
Dal 1721 il Diario, generalmente di dodici pagine, si stampò tre volte alla settimana:
Vicende del giornale
Nel corso degli anni il giornale ebbe alterne vicende.
Era di formato molto piccolo, con un numero di pagine che varia da 12 a 34; a volte era presente un supplemento, detto Aggiunta, Succinto Diario, Diario aggiunte, di dodici pagine.
Fino al 1894 il Cracas pubblicò, in breve o per esteso, gli avvenimenti religiosi, politici e militari della città e le notizie che ad essa pervenivano dall'Italia e dall'estero, diventando per i posteri una ricchissima fonte di notizie per ricostruire storia e soprattutto cronaca di quei due secoli.
Inizialmente usciva il sabato con il titolo Diario Ordinario d'Ungheria, riportando notizie esclusivamente militari provenienti dall’estero; a partire dal 1718, diventò bisettimanale e vi cominciarono a comparire cenni di cronaca romana, il titolo cambiò in Diario Ordinario e tale rimase fino a tutto il 1774.
Dal 1721 il Diario, generalmente di dodici pagine, si stampò tre volte alla settimana:
- il mercoledì portava le notizie dall'Italia e dall'estero;
- il venerdì solo dall'estero,
- il sabato solo da Roma, con ventiquattro pagine, che possono arrivare anche a trentasei quando vi si aggiungevano notizie estere. Nelle notizie del sabato sono comprese anche quelle ecclesiastiche.
- il venerdì con le notizie prima dall'Italia e poi dall'estero
- il sabato con le notizie da Roma.
La vita del giornale seguitò ad essere molto movimentata, nella forma e nella continuità: durante la Repubblica Romana non uscì dal 15 dicembre 1798 al 5 ottobre 1799; successivamente cambiò il titolo in Diario di Roma, poi sospese le pubblicazioni nel luglio 1809, quando il Papa venne “deportato” in Francia da Napoleone.
Riapparve nel 1814 con la Restaurazione e nel 1848 la testata si trasformò definitivamente in Gazzetta di Roma.
Belli leggeva il Cracas.
Senza dubbio anche il poeta Belli, da uomo curioso qual era, si informava sugli avvenimenti della sua epoca tramite la lettura di questo giornale.
E all'epoca non c'era altro modo per tenersi informati.
Le stragi di Cesena e Forlì riportate dal Cracas.
Nel sonetto di Belli intitolato Le notizie de l’uffisciali si ha testimonianza proprio dell'importanza del Cracas per conoscere le notizie di guerra tempestivamente.
Qui la voce del poeta è quella del decano (cioè il più anziano servitore) della contessa Pichi, moglie del Poeta.
La scenetta è ambientata nel famoso caffè del Veneziano, sito in piazza Sciarra dove era anche la tipografia del Cracas, e riporta le notizie degli avvenimenti del 20 e 21 gennaio 1832, noti come le stragi di Cesena e Forlì, episodi di repressione delle rivolte popolari, avvenuti nelle due città ad opera delle truppe pontificie, guidate dal cardinale Giuseppe Albani, che conclusero i moti liberali iniziati nel 1831 nel corso del pontificato di Gregorio XVI. In tale occasione le truppe pontificie compirono atrocità nella repressione contro gli insorti.
Belli segnala versioni diverse degli avvenimenti.
Interessante è una nota scritta da Belli sulle discrepanze circa la dinamica degli incidenti e il numero dei morti relativi all'episodio di Cesena.
Anche all'epoca le poche fonti di cui si poteva disporre mostravano una certa discordanza e quindi era difficile arrivare alla verità.
Ovviamente dovevano esserci stati degli interessi soprattutto da parte del governo a attribuire la colpa dell'insorgenza ai ribelli.
E il giornale "ufficiale" Cracas seguì questa linea. Di diverso parere invece fu quanto riportato quanto scritto nel Diario del principe Chigi, e in una lettera dallo scrittore francese Stendhal.
Questo che segue è uno dei Sonetti in cui è chiaro il riferimento al Cracas.
Le notizzie de l’uffisciali 1
Verzo ventitré ora er padroncino
me fesce curre ar Cacas 2 co ttre ffichi 3
a ccrompà callo callo 4 er bullettino
de la bbattajja contro a li nimmichi.
Pe cquesto ar Venezziano 5 llí vviscino
disse er decan de la Contessa Pichi
che l’esercito nostro papalino
ha ffatto ppiú bbrodezze 6 de l’antichi.
Disce che uperto a ffir de cannoneggio 7
er paese de Bbraschi e Cchiaramonti, 8
ce fu ’na spizzicata 9 de saccheggio, 10
e cche ddoppo passati su li ponti, 11
cuanno funno 12 a Ffrollí fesceno peggio. 13
Pe mmorti poi s’ha da tirà li conti. 14
[Versione. Le notizie ufficiali.
Verso le 23 il padroncino mi fece correre al Cracas con tre baiocchi a comprare caldo caldo il bollettino della battaglia contro i nemici. Per questo, al caffè del Veneziano lì vicino, il decano della Contessa Pichi (moglie del Poeta), disse che il nostro esercito papalino aveva fatto più prodezze degli antichi. Dice che aperto a colpi di cannone il paese dei papi Braschi e Chiaramonti, cioè Cesena, ci fu un pò di saccheggio, e che dopo esser passati sui ponti, quando furono a Forlì fecero peggio. Quanto ai morti poi, si devono tirare i conti.
5 febbraio 1832 - De Pepp’er tosto
Note. 1 Notizie ufficiali relative alle giornate del 20 e del 21 gennaio 1832. 2 Stamperia Cracas e gabinetto de’ fogli in Piazza di Sciarra. 3 Tre baiocchi. 4 Appena fatto; traslato preso dal pane che si sforna. 5 Nel contiguo caffè detto del Veneziano, sogliono convenire i servitori decani delle sale nobili, ed ivi sentenziare per diritto e per rovescio su tutto. 6 Prodezze. 7 Analogia di «a fil di spada». 8 Cesena. 9 Alquanto. 10 Alcuni lo negano, ma… 11 Il ponte sul Savio, oltre Cesena. 12 Furono. 13 Si allude alla manbassa, fatta senza ordine superiore dai pontifici sul popolo di Forlì, per lo sbigottimento nato in essi da un colpo di fucile uditosi nelle vicinanze del bivacco. Il far peggio si dice dai Romaneschi anche in buon senso, per «far di più». 14 Nacque tra i fogli una certa discordanza numerica.
Belli leggeva il Cracas.
Senza dubbio anche il poeta Belli, da uomo curioso qual era, si informava sugli avvenimenti della sua epoca tramite la lettura di questo giornale.
E all'epoca non c'era altro modo per tenersi informati.
Le stragi di Cesena e Forlì riportate dal Cracas.
Nel sonetto di Belli intitolato Le notizie de l’uffisciali si ha testimonianza proprio dell'importanza del Cracas per conoscere le notizie di guerra tempestivamente.
Qui la voce del poeta è quella del decano (cioè il più anziano servitore) della contessa Pichi, moglie del Poeta.
La scenetta è ambientata nel famoso caffè del Veneziano, sito in piazza Sciarra dove era anche la tipografia del Cracas, e riporta le notizie degli avvenimenti del 20 e 21 gennaio 1832, noti come le stragi di Cesena e Forlì, episodi di repressione delle rivolte popolari, avvenuti nelle due città ad opera delle truppe pontificie, guidate dal cardinale Giuseppe Albani, che conclusero i moti liberali iniziati nel 1831 nel corso del pontificato di Gregorio XVI. In tale occasione le truppe pontificie compirono atrocità nella repressione contro gli insorti.
Belli segnala versioni diverse degli avvenimenti.
Interessante è una nota scritta da Belli sulle discrepanze circa la dinamica degli incidenti e il numero dei morti relativi all'episodio di Cesena.
Anche all'epoca le poche fonti di cui si poteva disporre mostravano una certa discordanza e quindi era difficile arrivare alla verità.
Ovviamente dovevano esserci stati degli interessi soprattutto da parte del governo a attribuire la colpa dell'insorgenza ai ribelli.
E il giornale "ufficiale" Cracas seguì questa linea. Di diverso parere invece fu quanto riportato quanto scritto nel Diario del principe Chigi, e in una lettera dallo scrittore francese Stendhal.
Questo che segue è uno dei Sonetti in cui è chiaro il riferimento al Cracas.
Le notizzie de l’uffisciali 1
Verzo ventitré ora er padroncino
me fesce curre ar Cacas 2 co ttre ffichi 3
a ccrompà callo callo 4 er bullettino
de la bbattajja contro a li nimmichi.
Pe cquesto ar Venezziano 5 llí vviscino
disse er decan de la Contessa Pichi
che l’esercito nostro papalino
ha ffatto ppiú bbrodezze 6 de l’antichi.
Disce che uperto a ffir de cannoneggio 7
er paese de Bbraschi e Cchiaramonti, 8
ce fu ’na spizzicata 9 de saccheggio, 10
e cche ddoppo passati su li ponti, 11
cuanno funno 12 a Ffrollí fesceno peggio. 13
Pe mmorti poi s’ha da tirà li conti. 14
[Versione. Le notizie ufficiali.
Verso le 23 il padroncino mi fece correre al Cracas con tre baiocchi a comprare caldo caldo il bollettino della battaglia contro i nemici. Per questo, al caffè del Veneziano lì vicino, il decano della Contessa Pichi (moglie del Poeta), disse che il nostro esercito papalino aveva fatto più prodezze degli antichi. Dice che aperto a colpi di cannone il paese dei papi Braschi e Chiaramonti, cioè Cesena, ci fu un pò di saccheggio, e che dopo esser passati sui ponti, quando furono a Forlì fecero peggio. Quanto ai morti poi, si devono tirare i conti.
5 febbraio 1832 - De Pepp’er tosto
Note. 1 Notizie ufficiali relative alle giornate del 20 e del 21 gennaio 1832. 2 Stamperia Cracas e gabinetto de’ fogli in Piazza di Sciarra. 3 Tre baiocchi. 4 Appena fatto; traslato preso dal pane che si sforna. 5 Nel contiguo caffè detto del Veneziano, sogliono convenire i servitori decani delle sale nobili, ed ivi sentenziare per diritto e per rovescio su tutto. 6 Prodezze. 7 Analogia di «a fil di spada». 8 Cesena. 9 Alquanto. 10 Alcuni lo negano, ma… 11 Il ponte sul Savio, oltre Cesena. 12 Furono. 13 Si allude alla manbassa, fatta senza ordine superiore dai pontifici sul popolo di Forlì, per lo sbigottimento nato in essi da un colpo di fucile uditosi nelle vicinanze del bivacco. Il far peggio si dice dai Romaneschi anche in buon senso, per «far di più». 14 Nacque tra i fogli una certa discordanza numerica.