14/05/22

G.G. Belli e la giustizia


La giustizzia ar Popolo. Sistema giudiziario e pena di morte nei sonetti di Belli a cura di E. Coglitore e M. Di Sivo, con P. Minaccioni e M. Mosetti.

Al teatro Argentina, nel 150°anniversario della morte di Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863), il Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli,  presieduto da Marcello Teodonio ha proposto un ciclo di letture/spettacolo. 
Per vedere l'incontro dedicato alla giustizia ai tempi di G.G. Belli 
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Roma è stata in tutte le epoche teatro di grandi scontri, ma anche di vicoli bui dove le coltellate erano all'ordine del giorno, e le spie sorvegliavano il popolino... Roma è stata anche città di pellegrini, di tanti stranieridove la presenza di nazionalità diverse (estere ma anche provenienti dagli altri stati in cui era divisa la penisola italiana) di diverse fazioni  generava scontri quotidiani
Non a caso fra '500- '700 la popolazione era prevalentemente maschile.
mastro Titta il boia di Roma
Ma come era organizzata la giustizia negli anni in cui vive e scrive Belli? Un'idea ce la siamo fatta grazie a Michele Di Sivo, studioso della materia e responsabile del settore degli archivi dei Tribunali nell'Archivio di Stato di Roma, che è intervenuto a più riprese per sottolineare proprio gli aspetti salienti del funzionamento della giustizia a Roma prima e dopo la restaurazione del 1816.

Dopo una prima fase di netto rifiuto delle novità introdotte  dai francesi,  le stesse autorità papali dovettero prende atto che  il modo di pensare era cambiato. E così  nella pubblica amministrazione  e nel complesso settore della giustizia avviene un sostanziale cambiamento improntato ad una generale semplificazione del sistema dei tribunali, ad una organizzazione gerarchica delle giustizie. Cambiano anche le modalità della pena di morte, e delle carceri.  Scompaiono i famigerati birri, che altro non erano che delinquenti assoldati per girare per Roma e che più arresti facevano più guadagnavano,per far posto a carabinieri e poi alla polizia.

Anche sulle carceri, citate spesso nei sonetti, sono emersi particolari interessanti.  
In ancien Régime per carcere si intendeva un edificio, di solito attiguo al tribunale, atto a custodire il reo, e spesso anche i testimoni, in attesa della pena prevista per il crimine commesso. Il carcere era quindi un mezzo per impedire che l'imputato, in attesa di una condanna si sottraesse alla stessa. 
Le pene potevano distinguersi in: pene corporali (fustigazione, mutilazione, tortura, , tratti di corda, galera cioè remare sulle navi per un certo numero di  anni, o condanna a morte) o pene pecuniarie (confisca di parte o tutti i beni del reo) .
Solo verso la metà del XVIII secolo il carcere diventa luogo di espiazione delle pene detentive, perché la pena della privazione della libertà diventa la sanzione prevalente che veniva applicata ai condannati. 
A Roma quasi tutti i popolani facevano l'esperienza del carcere: famosi erano Tor di Nona(fino al 1670), Monserrato, Campidoglio e il carcere novo (costruito a metà 600) a via Giulia citato nel sonetto (San Pietr’in carcere) erano i luoghi di detenzione che G.G. Belli e il suo mondo conoscevano bene.


carcere di Tor di Nona
Dove avvenivano a Roma le esecuzioni capitali? Ne ha parlato Emanuele Coglitoreavvocato cassazionista, introducendo  sonetti e letture  contenenti riferimenti al mondo della giustizia. Proprio la pena di morte trova ampio spazio in Belli.
Teatro delle esecuzioni era piazza del popolo e poi ponte san Angelo. L'esecuzione della pena di morte era un vero e proprio spettacolo, che attirava spettatori di tutti i ceti sociali. E così l'impiccagione in ancien régime  riservata ai poveri, all'epoca di G.G. Belli viene sostituita dalla più nobile ghigliottina. 
Collegato con questo tema è quello del ruolo importante svolto dal conforto ai carcerati affidato alla Confraternita di san Giovanni decollato.  
Non sono mancati momenti di divertimento dovuti alla lettura dei sonetti recitati magistralmente da P. Minaccioni e M. Mosetti.