A Roma, il popolo, i nobili, il clero aspettavano tutti il Carnevale perchè:
«Semel in anno licet insanire».(=una volta all'anno è lecito impazzire).
E così per alcuni giorni la Chiesa consentiva di trasgredire le rigide norme di ordine pubblico, anche se le macchine di tortura, la «corda» e il «cavalletto» erano ben esposte come monito a non esagerare.
Balli, feste, travestimenti e anche competizioni. Nonostante i bandi e gli avvisi papali che cercavano di regolamentare il carnevale, migliaia di persone di tutte le estrazioni sociali si riversavano in piazza con una grande voglia di trasgressione e ..per dare vita ad uno spettacolo improvvisato.
Ricchi, poveri, ecclesiastici, e.. anche donne con maschere stravaganti si mischiavano nella folla, dimenticando ogni gerarchia sociale.
Solo alle prostitute era vietato mascherarsi. E da una certa epoca anche agli ecclesiastici..
In questi giorni ci si prendeva gioco di tutto e tutti, anche delle autorità pontificie e non solo!
Insomma per otto giorni era sconvolto ogni ordine sociale e religioso.
Maggiore libertà sessuale nel Carnevale
E le conseguenze di quei giorni di totale follia ce le suggerisce Giuseppe Gioacchino Belli, che del Carnevale romano doveva essere un attento osservatore.
Fra i vari Sonetti dedicati agli eventi che caratterizzavano questa festa, nel 1837 Belli scrive un irriverente sonetto dedicato indirettamente al carnevale e alla.. libertà sessuale che i Romani vivevano in quel periodo dell'anno.
In prossimità dell'imminente parto della moglie, un marito preoccupato cerca la mammana, cioè la levatrice.
La mammana però non si trova e al suo posto risponde la vicina pettegola, che con la solita schiettezza, tutta romana, riferisce quanto la mammana sia indaffarata per le molte nascite a cui la stessa deve assistere, e che avvenivano tutte proprio in quel periodo.
Perchè si chiede il marito meravigliato?
Allora la maliziosa vicina risponde con un interessante congettura: l'incremento delle nascite avveniva nel mese di novembre, perchè nove mesi prima, all'inizio di febbraio, si era festeggiato il Carnevale e in quel clima di assoluta libertà aumentavano in tutte le classi sociali i rapporti sessuali leciti e ..non.
Il risultato era un notevole aumento delle gravidanze e di conseguenza anche un aumento del lavoro per le levatrici.
Da notare poi che le donne romane nel periodo in cui scrive il poeta, nonostante la gravidanza, lavoravano fino al parto, perchè la donna gravida del sonetto, quando si rompono le acque, si trovava alla fontana a prendere l'acqua o a lavare i panni.
La Mammana in faccenne
«Chi ccercate, bber fijjo?» «La mammana».
«Nun c’è: è ita a le Vergine a rriccojje».
«Dite, e cquanto starà? pperché a mmi’ mojje
je s’è rrotta mó ll’acqua ggiú in funtana».
«Uhm, fijjo mio, quest’è ’na sittimana
che jje se ssciojje a ttutte, je se ssciojje.
Tutte-quante in sti ggiorni hanno le dojje:
la crasse arta, la bbassa e la mezzana».
«E cche vvor dì sta folla?» «Fijjo caro,
semo ar fin de novemmre; e ccarnovale
è vvenuto ar principio de frebbaro.
Le donne in zur calà la nona luna
doppo quer zanto tempo, o bben’o mmale
cqua d’oggni dua ne partorissce una».
31 gennaio 1837
[Versione. La levatrice affaccendata.
"Chi cercate, bel figliolo?" La levatrice". "Non c'e': e' andata a via delle Vergini per un parto". "Dite, e quanto stara'? perche' a mia moglie si sono rotte le acque giu' in fontana". "Uhm, figlio mio, questa e' una settimana che si scioglie a tutte, si scioglie. Tutte quante in questi giorni hanno le doglie: la classe alta, la bassa e la media". "E che vuol dire questa folla (di partorienti)?" "Figlio caro, siamo alla fine di novembre; e carnevale e' venuto al principio di febbraio. Le donne alla fine del nono mese dopo quel santo tempo (del carnevale), o bene o male qua (a Roma) ogni due ne partorisce una.]