10/03/22

G.G. Belli e la confessione

Nei sonetti di Belli la confessione e il confessore tornano varie volte, sintomo che il Poeta considerava questo sacramento fondamentale nella dottrina cristiana. 
La confessione infatti è strettamente collegata da Belli con l'ipocrisia che si riscontra nelle gerarchie ecclesiastiche ..
In sostanza il Poeta ritiene la confessione  una scappatoia, che giustifica qualsiasi comportamento anche il più contrario ad una fede intesa con severità e coerenza. 
E Belli odiava i sotterfugi...
Qualsiasi comportamento era lecito, salvo poi presentarsi al confessore che aveva il potere d assolverlo dai peccati!! 
Manco a dirlo, anche le gerarchie ecclesiastiche  avvaloravano questa tendenza: primo perchè faceva loro comodo anche per i loro comportamenti poco religiosi, poi dava loro una maggiore potere: quello del giudicare, assolvere, condannare. E quindi in sostanza sottomettere chi si confessava....

PRETI MALIZIOSI. Poi il confessionale era spesso e volentieri usato dai preti maliziosi, raccontati nei sonetti, per impicciarsi della vita intima delle ragazze romane (leggi qui) e anche persino avances nei loro confronti.

L'Adulterio
Nel sonetto che segue, le domande del confessore si fanno via via più incalzanti, fino ad  arrivare a quello che il prete vuole veramente sapere: se la donna sposata, che ha davanti, abbia rapporti sessuali fuori del matrimonio...il resto non lo interessa minimamente .
Si informa quindi sui particolari dell'atto e la donna ingenuamente risponde. Arrivati al dunque, il prete nella sua grande ipocrisia approfitta della situazione imbarazzante e non si vergogna di dare appuntamento alla bella popolana (sposata) a casa sua il giorno dopo.....
Da notare che il prete parla in italiano, mentre la donna il romanesco, e tale situazione contribuisce a mettere in soggezione la penitente, già vergognosa per il grave peccato commesso.

Er confessore 
«Padre...». «Dite il confiteor». 
«L’ho ddetto». «L’atto di contrizione?» 
«Ggià l’ho ffatto». «Avanti dunque». 
«Ho ddetto cazzo-matto a mmi’ marito, e jj’ho arzato 1 un grossetto». 2 
«Poi?» «Pe una pila che mme róppe 3 
er gatto je disse for de mé: “Ssi’ mmaledetto”; 
e è ccratura de Ddio!». «C’è altro?» 
«Tratto un giuvenotto e cce sò ita a lletto. 
«E llí ccosa è ssucesso?» «Un po’ de tutto. 
«Cioè? Sempre, m’immagino, pel dritto». 
«Puro a rriverzo...». «Oh che peccato brutto! 
Dunque, in causa di questo giovanotto, 
tornate, figlia, cor cuore trafitto, 
domani, a casa mia, verso le otto». 

Roma, 17 dicembre 1832 - Der medemo
1 Alzare, per «rubare». 2 Mezzo paolo d’argento. 3 Ruppe. 

[Versione. Il Confessore. 
« Padre » « Dite il Confiteor » «L'ho detto» ««L’atto di contrizione?» 
«Già l’ho fatto». «Avanti dunque» «Ho detto sciocco a mio marito e gli ho rubato un mezzo paolo d'argento »  « Poi?» « Per una pentola che mi ruppe il gatto gli dissi fuori di me : sii maledetto;  ed è una creatura di Dio!« C'è altro?» « Incontrai un giovanotto e ci sono andata al letto » « E lì cosa è successo?» «Un pò di tutto» «Cioè? Sempre, m'immagino, per dritto» «Pure a rovescio.. » «Oh che brutto peccato! Dunque, a causa di questo giovanotto, tornate, figlia con il cuore trafitto, domani , a casa mia, verso le otto» ]

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Non commettere atti impuri
In un altro sonetto una ragazzina va a confessarsi e trova un buon padre spirituale. Così mentre viene fuori tutta la semplicità di lei nel confessare peccati/non peccati, emerge anche qui la malizia del prete, che curioso degli eventuali atti impuri commessi, con le sue parole corrompe involontariamente la pudica ragazzina, che incuriosita dalle insinuazioni del prete, proverà la notte nel suo letto  a "toccarsi"....
Anche qui Belli contrappone al dialetto l'italiano del confessore...

Er bon padre spirituale «Accúsati figliuola». 
«Me vergogno». «Niente: ti aiuto
 io con tutto il cuore. Hai dette parolacce?»
 «A un ber zignore». «E cosa, figlia mia?» 
«Bbrutto carogno». «Hai mai rubato?» 
«Padre sí, un cotogno». «A chi?» 
«Ar zor Titta». «Figlia, fai l’amore?» 
«Padre sí». «E come fai?» 
«Da un cacatore ciarlamo». «E dite?» 
«Cuer che cc’è bbisogno». «La notte dormi sola?» 
«Padre sí». «Ciài pensieri cattivi?» 
«Padre, oibò». «Dove tieni le mani?» 
«O cqui o llí...». «Non ti stuzzichi?» 
«E cc’ho da stuzzicà?» «Lì fra le cosce...». «
Sin’adesso no, (ma sta notte sce vojjo un po’ pprovà)».
 
[Versione. Il buon padre spirituale 
«Accusati figliola » «Mi vergogno» «Niente: ti aiuto io con tutto il cuore. Hai detto parolacce?» «A un bel signore» «E che cosa figlia mia?» «Brutta carogna» «Hai mai rubato?» «Padre si, Una mela cotogna» «A chi»  «As sor Titta »«Figlia, fai l'amore?» «Padre si»«E come fai?»«Parliamo da un cacatorio» «E dite?» «Quello di cui c'è bisogno» «La notte dormi sola?» «Padre si» «Hai pensieri cattivi?» «Padre oibò» «Dove tieni le mani?»«O quì o lì» «Non ti stuzzichi?»«E che c'ho da stuzzicare?»«Lì fra le cosce» «Sinora no, (ma stanotte ce voio un pò provare» ] 

Roma, 11 dicembre 1832 - Der medemo 
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Il Confessionale 
Prima della metà del secolo XVI non esisteva e la  confessione avveniva nei luoghi più disparati, anzi era spesso priva di una sede idonea. 
San Carlo Borromeo e il confessionale
Dobbiamo arrivare a san Carlo Borromeo (1538 –1584) per vedere la diffusione di questo arredo sacro.
Egli infatti dispose di introdurre i confessionali in tutte le parrocchie della diocesi di Milano, e diede anche indicazioni sulla loro forma, in particolare per ciò che concerne la chiusura ai due lati e riguardo alla grata che doveva separare il confessore dal penitente. 
Da Milano il confessionale si diffuse rapidamente in tutto il mondo.
Situazione di Milano. Era un momento difficile quello in cui visse Carlo Borromeo. La Chiesa era infatti sconquassata dai movimenti di riforma, Milano era in mani spagnole e vittima di gravi pestilenze. Insomma un periodo nero il cinquecento a Milano. 
La diffusione del confessionale si rivelò utile anche in caso delle epidemie, molto diffuse in quell'epoca e successivamente....
Quindi questo arredo religioso, molto comune oggi nelle nostre chiese, è frutto dello sforzo di questo religioso, che ne volle la sua diffusione.

Carlo Borromeo discendeva da un'antica e ricca famiglia originaria di Padova, così quando suo zio venne eletto papa con nome di Pio IV (1499- 1565), un mese dopo, il 31 genn. 1560, divenne cardinale
Carlo aveva ventidue anni e, venuto a Roma, si vide affidata la segreteria di Stato e, l'8 febbr. 1560, l'amministrazione perpetua dell'arcidiocesi di Milano.
Chiaro esempio di quella che è passata alla storia come politica nepotistica.

I principi di san Carlo Borromeo
Era particolarmente rigido in fatto di rapporti umani. Il principio cui si ispirava Borromeo era che l’ordine interiore si raggiungesse attraverso l’ordine esteriore
: per rimanere puri occorreva rinunciare il più possibile a contatti con gli altri.
San Carlo Borromeo
Così la diffusione del confessionale risponde proprio a questa esigenza morale, e in particolare ad allontanare dalle tentazione i preti... 
Sicuramente questo personaggio sapeva delle debolezze insite nei preti proprio nel momento della confessione.
Come già detto indubbiamente ci sarà stata anche la necessità sanitaria di limitare il contatto fra personeper via delle pestilenze che flaggellavano Milano e non solo.
Così si giustifica la necessità di un mobile di legno, chiuso, che consentisse di comunicare tra sacerdote e penitenti solo attraverso una grata bucherellata (con fori "della grandezza di un cece").

San Carlo Borromeo nel 1577 pubblicò due libri sulle Istruzioni intorno alla Fabbrica ed alla suppellettile ecclesiastica [clicca qui] in cui si parlava per la prima volta del confessionale, che prima di lui non esisteva.
 
Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae libri duo, 1577

Cap. XXIII: Il confessionale

"Anche nella chiesa più modesta ve ne devono essere al­meno due, per tener distinti gli uomini dalle donne. Se gli officianti sono molti, come nelle cattedrali e nelle collegiate, ve ne sarà uno per ciascuno, sempre distinti fra quelli riservati al­l'uno e all'altro sesso. Dev'essere in legno, chiuso su cinque lati ma aperto sul davanti, con la possibilità però di chiuderlo a chiave con un cancello o un graticcio perchè "quando non c'è il confessore, laici, vagabondi o persone sudicie non vi si possano sedere e dormire oziosamen­te, con irriverenza del ministero che ivi si esercita" ( pag. 124).  Dev'essere diviso vertical­men­te in due ambiti, uno per il sacerdote e uno per il penitente, e dev'essere collocato in modo che il sacerdote si trovi sempre verso l'altar maggiore e il penitente verso la porta. Il tramezzo fra i due ambiti dev'essere aperto da uno sportello che verso il confessore avrà una tendina e verso il penitente una grata piuttosto fitta (con fori "della grandezza di un cece"). Da entrambe le parti vi saranno cartelli pro-memoria per le rispettive funzioni.