01/03/22

G.G.Belli e l'attrice Amalia Bettini

Per G.G. Belli molto coinvolgente fu la vicenda, in bilico tra amicizia e amore,  con l'attrice Amalia Bettini, che gli fu presentata da un amico nel settembre 1835. 

Amalia Bettini (1809-1894) 
Amalia era figlia d'arte: il padre e la madre erano attori drammatici.  
Dai 22 anni la Bettini fu primattrice nelle maggiori compagnie del tempo (Nardelli, Mascherpa, Compagnia reale sarda..)
Nell'autunno del 1835 la compagnia Mascherpa, in cui lavorava la Bettini, si trasferì a Roma per una serie di spettacoli al Teatro Valle, che dettero occasione a Belli e all'attrice di incontrarsi. 

L'incontro e la frequentazione fra il poeta e l'attrice
Il 9 settembre del 1835 , al teatro Valle, si recitava la prima del dramma Estella, ossia il padre e la figlia ddel drammaturgo francese A. E. Scribe.
Tra gli spettatori c'era  G.G. Belli, all'epoca frequentatore assiduo dei teatri (per saperne di più), che, in preda all'entusiasmo, scrisse all'amico Giacomo Ferretti, letterato estremamente prolifico nei generi più disparati, autore di numerosi libretti d'opera, fra cui la commedia di Scribeche in quell'anno  si rappresentava di nuovo al teatro Valle. 
E subito il Poeta, affascinato dall'attrice, scrisse un articolo encomiastico sul giornale "Spigolatore" e  dei sonetti, di cui uno in romanesco "Er padre e la Fijja", l'unico del Commedione pubblicato in vita. 
Sta di fatto che, forse grazie a Ferretti o agli scritti dedicati all'attrice, fu subito invitato a casa della Bettini, a via Monterone (vicino al Pantheon) per una serata fra amici. 
Jacopo Ferretti

Intanto il 29 settembre dello stesso 1835 una lettera del Poeta,  che accompagnava l'omaggio della novella in versi Amore infermo, inaugurò la corrispondenza con la Bettini, che andò avanti in maniera discontinua fino al 1847. 
Da questo momento comincia anche un'assidua frequentazione fra i due, che durerà per tutto il soggiorno romano della Bettini, cioè fino al 16 febbraio 1836, quando la compagnia lasciò Roma.  
Il Belli fu veramente affascinato dall'attrice, con cui, lui uomo riservato  e schivo, trovò sfogo a tante sue idee e anche a problemi. 
Intanto nel 1837 la situazione di G. G. Belli diventò drammatica: rimasto vedovo della moglie Mariuccia, si trovò anche in gravi problemi economici. 

Comunque dal 1838 i rapporti  fra Belli e la Bettini  andarono avanti per via epistolare, anche se con discontinuità. 
L'attrice era ricercatissima per la sua arte recitativa e per i favolosi incassi, che ogni sua apparizione in pubblico registrava.
I sentimenti di "amorosa amicizia" nutriti da Belli furono ricambiati dalla Bettini, con una cordialità che però non lasciò mai troppe speranze al Poeta . 
Altro ritratto
di Amalia Bettini
Da parte sua la Bettini mostrò  interesse per quell'uomo maturo, e insoddisfatto, per le sue doti intellettuali, per la sua personalità. Aveva capito di trovarsi di fronte ad un grande poeta, che scriveva in italiano e in dialetto.

Il successo, i trionfi della Bettini a Roma.
Il tutto poi sullo sfondo di un periodo  particolarmente propizio per l'attrice: il successo in una città come Roma, tanti corteggiatori importanti.
La Bettini infatti può annoverarsi fra una delle maggiori attrici dell'Ottocento. La sua recitazione spontanea (era l'epoca in cui le attrici recitavano "a singulti, e i più rinomati attori "predicavano enfaticamente"), il suo "parlato" naturale e la sua abilità scenica ne fecero una delle attrici italiane più intelligenti. 
Infine il rapporto con il poeta romanesco non fu il solo a caratterizzare la brillante carriera della Bettini: le sue recite romane del 1835 accesero di viva passione anche Stendhal, che la ricordò nella Vie de Henri Brulard e nei suoi taccuini. Per la sua arte nutrirono grande ammirazione personaggi eminenti della cultura dell'epoca, anche se la Bettini preferì a tutti proprio Belli
Il sonetto che segue è del 1835 quando al teatro Valle si rappresentò il dramma Estella, ossia il padre e la figlia del drammaturgo francese A. E. Scribe adattato dal librettista Jacopo Ferretti, buon amico di Belli.

Er padre e la Fijja.(1)
Sì, è stata una commedia troppa corta,
ma è stata una commedia accusí bbella,
ch’io pe ssentilla ar Monno un’antra vorta

me sce farebbe2 strascinà in barella.
C’era una fijja d’una madre morta,
bbona e ggrazziosa, e sse3 chiamava Stella.
Poi sc’era un padre, una testaccia storta,

che strepitava:4 è cquella e nun è cquella.
Amalia Bettini
 La parte de sta fijja tanta cara,

senti, la rescitò ’na scerta5 Amalia,
un angelo de ddio, ’na cosa rara.
Che pparlate! che mmosse! tutte fatte
da intontí.6 Bbenedetta quela bbalia

che ll’ha infassciata e cche jj’ha ddato er latte!

25 settembre 1835

Note 1) Estella, ossia il padre e la figlia, commedia di Scribe, tradotta liberamente e ridotta all’uso della scena italiana dal nostro amico Giacomo Ferretti. Fu rappresentato al teatro della Valle dalla drammatica Compagnia Mascherpa; e i caratteri de’ due protagonisti vennero sostenuti dai sommi artisti Luigi Domeniconi e Amalia Bettini.2) Mi ci farei. 3) E si. 4) Che gridava strepitando. 5) Una certa 6) Da incantare.

[Versione. Il padre e la figlia. Si, è stata una commedia troppo corta, ma è stata una commedia così bella, che io per sentirla al mondo un'altra volta, mi ci farei trascinare in barella. C' è una figlia di una madre morta, buona e graziosa, che si chiamava Stella. Poi c'era un padre, una testa storta, che gridava strepitando: è quella  e non è quella. La parte di questa figlia tanto cara, senti, la recitò una certa Amalia, un angelo di Dio, una cosa rara. Che dialoghi! Che movenze! tutte fatte da intontire. Benedetta quella balia che l'ha fasciata e e che gli ha dato il latte.]

La Bettini si sposa e lascia il teatro
Improvvisamente tutto finì nel 1842Amalia, dopo i trionfi nella Iginia d'Asti di Pellico del  giugno 1841,  lasciò per sempre le scene, per sposare a Bologna un medico, Raffaele Minardi. 
Con A. Bettini


Così 
scriveva, il 21 aprile 1842, a Belli:
"...conosci tu, mio poeta l'Amore? ah lo conosci senza dubbio!..un cuore bello come il tuo non può essere stato privo di quel palpito, che, se produce tormento, ha pure in sè stesso dolci momenti, che pagano ad usura ogni pena"

Il poeta, come detto, aveva scritto per lei poesie italiane,  sestineun'epistola in terza rima, e 4 sonetti romaneschi  e in tale occasione ne scrisse un quinto:  Ar zor come-se-chiama ( 1842), pieno d'amarezza per il matrimonio di Amalia.
Quello con l'attrice era stato per lui a lungo un amore incofessato: e ora, innanzi alla repentina decisione della primadonna di sposarsi, diveniva irreparabilmente un amore " mancato".
Ne fanno fede le lettere scritte da Belli a Amalia a partire dal 29 aprile 1837.

Il sonetto "Ar zor come-se-chiama" 
Questo Sonetto romanesco è l'unico scritto da Belli nel 1842 ed è piuttosto singolare in quanto vi traspare amarezzamalinconiarimpianto per quello che poteva essere e non è stato, fra le righe poi c'è un sottile rimprovero verso la Bettini sposa. Malinconica è poi l'ultima strofa che fa riferimento alla solitudine amara del poeta che finisce per cciancià segrete.


Belli rimane doppiamente solo, e con i suoi problemi economici, evidenziatesi dopo la morte della moglie. Il sonetto è scritto un mese prima del rientro nell'amministrazione pontificia come Capo della corrispondenza nella Direzione Generale del debito pubblico, dove resterà fino al 1845, anno del suo pensionamento
 (leggi qui ...).

Ar zor come-se-chiama (1)
Disce che vvoi, c’a cquella pascioccona
state in prescinto d’infilà ll’anello,
sete bbono in zur gusto d’un aggnello
e bbello com’un angiolo in perzona.
 Ma avete una gran zorte bbuggiarona,
pe la raggione che ssi Iddio, fratello,
v’ha ffatto accusí bbono e accusí bbello,
lei puro è bbella bbella e bbona bbona.
       
Pe sta vostra bbellezza e bbontà ddoppia
Quanno ve vederanno avanti ar prete
Tutta la ggente strillerà: “Cche ccoppia!„.
Io solo ho da rimane co la sete
De vedevve ché er diavolo me stroppia
E mme tiè a Rroma a cciancicà ssegrete!

19 maggio 1842
Giovanni Paolo PanniniTeatro Argentina di Roma
 nel 1747

[Versione. Al sor come si chiama. Dice che voi, che a quella pacioccona state in procinto d'infilare l'anello, siete buono nel suo gusto  come un agnello e bello come un angelo in persona. Ma avete un gran sorte meravigliosa, per la ragione che Dio, fratello, vi ha fatto così buono e bello, lei pure è bella bella e buona buona. Per questa vostra bellezza e doppia bontà quando vi vedranno avanti al prete tutta la gente strillerà " Che coppia". Io solo devo rimanere con la sete di vedervi perchè il diavolo mi storpia e mi tiene a Roma a masticare segrete (cioè le preghiere che il prete dice fra sè durante la messa)
Note
  1. Salta Allo sposo di Amalia Bettini, la quale poi nella sua lettera di Bologna 23 giugno 1842 mi scrisse chiamarsi Raffaele Minardi, ed essersi con lui maritata colà il 2 di quel mese.