Ma perchè questo titolo? Il film tratta dell'omicidio di una prostituta. È la cronaca di un’indagine, in flashback, sull’omicidio di una prostituta, trovata cadavere sul greto del Tevere, da diversi punti di vista.
Il titolo si riferisce alla morte, come la definisce Giuseppe G. Belli.
E tale citazione è nell'inquadratura finale del film: «... e già la Commaraccia secca de strada Giulia arza er rampino».
Che cosa centra la bellissima via Giulia? Qui sorge la chiesa romana di Santa Maria dell’Orazione e Morte, luogo sacro voluto dall’omonima confraternita esattamente sopra il cimitero dove erano soliti collocare i morti sconosciuti per dare loro sepoltura cristiana.
E proprio l'Arciconfraternita dell'Orazione e Morte aveva come scopo quello di dare sepoltura ai morti, trovati in campagna o annegati nel Tevere, senza identità o comunque che non potevano ricevere degne esequie. Oltre alla chiesa, vennero costruiti anche un oratorio e un vasto cimitero, in parte sotterraneo ed in parte sulle rive del Tevere, cimitero che fu quasi completamente distrutto nel 1886 con la costruzione dei muraglioni del Tevere.
G.G. Belli e la morte...
L'immagine della morte, che si prepara inesorabile al alzare la falce e colpire il malcapitato, è resa con versi potenti e sinistri, che bloccano l'immagine del gesto decisivo e terribile.
A Roma, la morte è presenza quotidiana e continuamente visibile. Spesso le chiese sono ornate proprio da simboli che ricordano al cristiano che deve morire: teschi, monumenti funebri, clessidre, ossa, fiaccole rovesciate, la farfalla che allude alla dipartita dell'anima,la falce etc.
E la chiesa succitata è fondamentale perchè sede dei "fratelloni" dell'Arciconfraternita della Morte, e per il suo cimitero zeppo di scheletri e ossa...
Accanto alla porta d'ingresso è posta una lapide di marmo dove è graffito uno scheletro con la falce e la scritta "Hodie mihi, cras tibi, cioè "Oggi a me, domani a te". Immagine che compare alla fine del film...
Passando al sonetto invece la figura di dell'uomo malato di tisi e morente rimane una grande momento lirico del Belli.
Er tisico
Cuesto oggnuno lo sa: ppila intronata
va ccent’anni pe ccasa: 1 e tte l’ho ddetto.
Mó mm’accorgio 2 però cch’er poveretto
sta vviscino a ssonà lla ritirata. 3
Già ffin dar tempo che sposò Nnunziata
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le scianche je fasceveno fichetto; 4
e ffinarmente s’è allettato a lletto
perch’era ppiú ll’usscita che ll’entrata.
Nun tiè ppiú ffiato da move le bbraccia:
e cchi lo va a gguardà ssu cquer cusscino,
je vede tutta Terrascina 5 in faccia.
Io metterebbe er collo s’un quadrino
che nnu la cava: e ggià la Commaraccia
secca de Strada-Ggiulia 6 arza er rampino.
7
Roma, 8 gennaio 1833 - Der medemo
1 Proverbio. 2 Mi accorgo. 3 Proverbio. 4 Far le gambe fichetto, vale: «piegarsi per fiacchezza». 5 Terracina.
S’intende che qui è in senso translato di terra. 6 La comare secca, cioè «la morte», di Strada Giulia, dalla via di
questo nome, nella quale è la Chiesa della Morte. 7 Falce.
[Versione. Il Tisico
Questo lo sanno tutti: la pentola incrinata va cento anni per casa:e te l'ho detto. Adesso mi accorgo però che il poveretto sta per morire.
Già fino dal tempo che sposò Nunziata le gambe si piegavano per la fiacchezza e finalmente si è allettato perchè era più l'uscita che l'entrata (?). Non ha più fiato per muovere le braccia: e chi lo va a guardare su quel cuscino, gli vede tutta terra in faccia. Io scommetterei il collo contro un quattrino che non se la cava: e già la Commaraccia secca di Strada Giulia alza la falce..